Don Checco | Nicola De Giosa
Rinasce sulle scene l’ultima opera buffa napoletana, con il gusto tipico della commedia degli equivoci e lo sguardo agrodolce sulle disgrazie finanziarie e sull’intraprendenza del protagonista. La soluzione arriverà dall’alto, e premierà i giovani innamorati e il “debitore fortunato”.
Don Checco è un'opera buffa, legata alla tradizione comica della Commedia dell’Arte. In scena si giocava, si rideva e, attraverso la risata, si portava il pubblico a riflettere. Ma soprattutto c’erano tante gag e lazzi.
Il regista Mariano Bauduin ci racconta la sua versione di Don Checco, dove i dialoghi e la comicità la fanno da padrone. Uno spettacolo in cui il primo a non prendersi troppo sul serio... è proprio il teatro.
Don Checco è ambientato in una locanda di un paesino vicino a Napoli, la storia dell'opera ha i tipici elementi del genere dell'opera buffa napoletana: giovani amanti in difficoltà, inganni, confusione di identità e un lieto fine.
Qui un’anticipazione del nostro protagonista Domenico Colaianni.
Dialoghi rielaborati da Mariano Bauduin
Revisione musicale a cura di Lorenzo Fico
Opera buffa in due atti
Personaggi e interpreti
Domenico Colaianni
Carmine Monaco
Michela Antenucci
David Ferri Durà
Vladimir Sazdovski
Francesco Auriemma
Mario Brancaccio
Nicola Pascale
Calendario rappresentazioni
Luogo di svolgimento: Cortile di Palazzo Arsenale Calendario completo
Argomento
atto
Nella sala di un’osteria di campagna, nei pressi di Napoli, il cameriere Carletto è affaccendato a servire gli avventori. Fiorina – la figlia di Bertolaccio, il padrone – è seduta al filatoio, mentre il Signor Roberto, in apparenza indifferente a quanto gli accade intorno, è intento a dipingere un quadro. Gli uomini non risparmiano a Fiorina vivaci apprezzamenti per la sua bellezza, con disappunto di Carletto: il giovane è innamorato di lei – e Fiorina lo sa – ma è troppo timido per dichiararsi. Bertolaccio rimprovera la figlia, accusandola di comportarsi da civetta, e le ordina di ritirarsi in cucina. Quando Roberto lo invita a essere meno duro, Bertolaccio lamenta le difficoltà che incontra nel gestire l’osteria, tanto da essersi indebitato nei confronti del Conte de’ Ridolfi – un gentiluomo colto e stravagante, che ha l’abitudine di visitare le proprie terre sotto mentite spoglie per sorvegliare il comportamento dei vassalli, per raddrizzare torti, e per soccorrere i poveri.
Rimasta vuota la sala, rientrano Fiorina e Carletto: i due giovani si dichiarano innamorati e manifestano il proposito di sposarsi. Bertolaccio li sorprende, e va su tutte le furie: per Fiorina vorrebbe ben altro partito! Ordina perciò a Carletto di andarsene, ma il giovane approfitta di un attimo di distrazione del padrone e, con un’occhiata di intesa alla ragazza, si nasconde in cantina.
Anche Fiorina si ritira, subito dopo arriva trafelato Don Checco, tremante dal freddo e vestito in modo molto dimesso. È entrato cercando rifugio dall’ufficiale giudiziario che lo insegue: è infatti oberato di debiti nei confronti del Conte... Perciò chiede a Bertolaccio, venuto ad accoglierlo, di poter conservare l’incognito: l’oste, equivocando questa richiesta e alcune affermazioni dello sconosciuto, si persuade di avere di fronte a sé il Conte de’ Ridolfi e inizia a trattarlo con cerimoniosa sollecitudine; il Signor Roberto osserva divertito la scena, e, prima di ritirarsi, fa ironici commenti sullo zelo che Bertolaccio riserva al suo supposto padrone. A Don Checco (ben felice di poter trarre vantaggio dall’equivoco di cui è oggetto) si rivolgono poi Fiorina e Carletto: credendolo il Conte, lo pregano di persuadere Bertolaccio ad acconsentire alle loro nozze. Ma scelgono male le parole, e Don Checco crede che Fiorina gli si stia offrendo in sposa. Quando il malinteso viene chiarito, Don Checco va su tutte le furie. Ai due giovani non resta che rifugiarsi – ancora una volta – lui in cantina, lei in cucina.
atto
Fiorina e Carletto chiedono scusa per l’equivoco a Don Checco, che accetta di intercedere per loro. Roberto, che non visto ha ascoltato la conversazione, è impietosito da Don Checco, e manifesta il proposito di aiutarlo. Intanto qualcuno, da fuori, richiama l’attenzione di Don Checco: è Succhiello, l’ufficiale giudiziario, che gli intima di uscire, per poterlo arrestare. All’ovvio rifiuto di Don Checco fa seguito un’accesa discussione. Sopraggiunge poi Bertolaccio: è stato informato da Succhiello della vera identità del nuovo ospite, e ora intima a Don Checco di andarsene. Il poveretto non sa più a che santo votarsi...
Carletto e Fiorina – convinti che il “Conte” abbia persuaso Bertolaccio a consentire la loro unione – attendono l’arrivo del notaio che formalizzerà le nozze. All’osteria giunge anche un gruppo di paesani, per rendere omaggio al Conte e rivolgergli le proprie richieste. Don Checco si sente perduto: non ha trovato un’uscita secondaria, e Succhiello lo attende pazientemente in compagnia degli sbirri. La situazione sembra precipitare quando Bertolaccio lo smaschera come impostore e Succhiello legge il mandato per il suo arresto; ma, inaspettatamente, giunge un contadino con una lettera per Succhiello. È un messaggio del Conte, che solleva Don Checco e Bertolaccio dai loro debiti, dona mille ducati a Fiorina e altri tremila a Carletto, ed esprime l’assoluta volontà che i due ragazzi convolino a nozze. A Bertolaccio, che non si spiega come il Conte potesse conoscere la situazione, Succhiello rivela che il Conte aveva trascorso la giornata all’osteria, nei panni del Signor Roberto. Succhiello saluta beffardamente Don Checco: è certo che prima o poi avrà nuovamente occasione di occuparsi di lui. Bertolaccio, felice, invita tutti i presenti a un banchetto e offre ospitalità a Don Checco, che infine illustra la propria filosofia di vita: vale la pena di fare debiti – non sempre portano alla sventura, e talvolta sono all’origine della felicità.