Storia

Tre secoli di musica, dal 1740 a oggi

Spaccato prospettico con veduta dell'atrio, della sala, del proscenio e del sipario dell'antico Teatro Regio. Incisione su disegno di Benedetto Alfieri

1740-1790

Giambattista Borra, Vedute principali di Torino disegnate in prospettiva ed intagliate in rame dall’archittetto Giambattista BorraLe origini del Teatro risalgono all’inizio del XVIII secolo quando Vittorio Amedeo II decise di commissionare all’architetto Filippo Juvarra la progettazione e la costruzione di un nuovo grande teatro nell’ambito del più generale riassetto urbano della Piazza Castello.

L’intento venne però perfezionato solo qualche anno più tardi da Carlo Emanuele III (incoronato re nel 1730) il quale, in seguito alla morte di Juvarra, scelse di affidare il progetto all’architetto Benedetto Alfieri con la richiesta di progettare un teatro di grande prestigio. Il «Regio Teatro» di Torino, edificato nel tempo record di due anni, venne inaugurato il 26 dicembre del 1740 con l’Arsace di Francesco Feo, diventando subito un punto di riferimento internazionale per la capienza – circa 2.500 posti tra platea e cinque ordini di palchetti –, le magnifiche decorazioni della sala fra le quali spiccava la volta dipinta da Sebastiano Galeotti, gli imponenti scenari e le attrezzature tecniche, nonché la qualità delle rappresentazioni.

Ogni stagione aveva inizio il 26 dicembre, si concludeva con la fine del Carnevale e comprendeva due nuove opere serie composte appositamente per il Teatro: nel corso del XVIII secolo scrissero per il Regio celebri compositori italiani come Galuppi, Jommelli, Cimarosa, Paisiello e autori stranieri come Gluck, Johann Christian Bach e Hasse; vi cantarono inoltre i più celebri castrati e prime donne dell’epoca, contribuendo in modo determinante al successo degli spettacoli. Non minore interesse suscitavano i danzatori, che si esibivano nei due balli entr’acte e nell’azione coreografica finale che corredavano ogni opera.

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1.1 Il teatro alfieriano

Benedetto Alfieri in un'incisione ottocentescaIl Teatro Regio, sul lato destro nell’incisione di Giambattista Borra (1749), è mimetizzato con le contigue architetture degli edifici di Piazza Castello, da Palazzo Reale a via Po. È collocato nell’antica zona di comando che comprende i punti nevralgici della vita dello stato sabaudo.

Era strumento di rappresentanza e celebrazione della stabilità del potere. Il legame con la corte è ribadito anche fisicamente dalla possibilità per la famiglia reale, e gli alti dignitari di recarsi da Palazzo Reale a teatro senza dover uscire in strada, attraverso la galleria del Beaumont (oggi Armeria reale) e il palazzo delle Segreterie (oggi Prefettura)


1.2 Una meta del Grand Tour

 

Bendetto Alfieri, Disegno preparatorio per la tavola VI (Pianta del quarto ordine dei palchi)

La grande sala di forma ellittica è dotata di 152 palchi ripartiti in cinque ordini e abbelliti da decorazioni color cremisi e oro. I viaggiatori stranieri che compiono il Grand Tour alla scoperta delle bellezze della penisola descrivono con ammirazione il teatro nelle loro memorie. Charles Burney, uno tra i primi storiografi musicali, lo cita in The Present State of Music in France and Italy come «il grande teatro dell’opera che è considerato uno dei più belli d’Europa».

Nel 1761 la Stamperia Reale pubblica le incisioni realizzate da Giovanni Antonio Belmondo su disegni originali di Alfieri, al fine di divulgare in tutta Europa i fasti della dinastia sabauda. Riprodotte in vari trattati di architettura, le tavole ricevono una definitiva consacrazione con la pubblicazione, nel 1772, nell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert.


1.3 La sala

Benedetto Alfieri, Disegno preparatorio per la tavola XI (Spaccato prospettico trasversale con veduta del proscenio)I disegni preparatori e le incisioni consentono di osservare alcune caratteristiche innovative del Teatro, come la cavità sotto l’orchestra per migliorare la resa acustica, l’orientamento obliquo dei palchetti verso il palcoscenico, e la disposizione dei cinque ordini di palchi sormontati dalla piccionaia.

Diversamente dai teatri francesi, il Regio non disponeva di sedili fissi, ma di sedie che potevano essere spostate dal pubblico: il Teatro non costituiva solo la sede degli spettacoli, ma anche un luogo di incontro in cui ci si poteva ritrovare per conversare, mangiare o giocare d’azzardo. All’interno del Regio è aperto anche un certo numero di botteghe (come la «bottega de’ rinfreschi» e quella delle «galanterie»), appaltate dalla Società dei Cavalieri.


1.4 Le scenografie

Giovanbattista Crosato, Tempio del Sole, per il Siroe. Torino, Teatro Regio 1750Dopo aver chiamato a Torino con incarichi annuali grandi scenografi come Giuseppe Galli Bibiena, che realizzò le scene per l’opera inaugurale, l’Arsace, e Crosato, la Società dei Cavalieri si assicura la collaborazione stabile di scenografi “residenti”, i «Signori Fratelli Galliari»: Bernardino, Fabrizio e Giovanni Antonio, cui si aggiungeranno poi i figli di Fabrizio, Giovannino e Giuseppino, attivi fino alla fine del secolo.

Bozzetti e incisioni giunti sino a noi illustrano l’evoluzione da soggetti poco caratterizzati, legati ai libretti metastasiani, a una maggiore varietà di ambientazioni che, a partire dagli anni Sessanta del Settecento, comprendono il mondo medioevale, la civiltà egizia, le cineserie e le civiltà precolombiane.


1.5 Il sipario originale

Disegno preparatorio per il sipario del Teatro Regio (1756)Il sipario del Teatro, realizzato per l’inaugurazione da Sebastiano Galeotti e rappresentante il Trionfo di Bacco, fu presto restaurato perché deteriorato dai fumi delle lampade e dall’intelaiatura rigida. Nel 1756 viene sostituito da quello di analogo soggetto realizzato dallo scenografo Bernardino Galliari, già autore del sipario per il Teatro Carignano e attivo dal 1747 come scenografo del Regio insieme al fratello Fabrizio.

Il gusto del chiaroscuro e la scelta dei colori assicurano il successo all’autore, che diviene uno dei decoratori preferiti dell’aristocrazia torinese.


1.6 Paisiello al Regio

Louise Elisabeth Vigée-Lebrun, Ritratto di Giovanni Paisiello (1790)Nel gennaio 1771, giunti a Torino da Milano, Wolfgang Amadeus Mozart e il padre Leopold hanno occasione di vedere al Regio «una magnifica opera»: l’Annibale in Torino di Giovanni Paisiello. Il musicista è in quegli anni uno dei compositori più in voga a Napoli, dove si è formato, e la sua fama si sta diffondendo in tutta Europa (di lì a pochi anni verrà invitato da Caterina II a San Pietroburgo).

Dopo i successi riscossi soprattutto nel genere buffo, Paisiello riceve dal Regio una delle prime commissioni importanti per un’opera seria. Il libretto, dell’avvocato piemontese Jacopo Durandi, descrive lo scontro e la riconciliazione tra Annibale e il re dei Taurini Artace.


1.7 Prime donne e castrati

Anonimo, Ritratto di Gaetano PugnaniNel Settecento cantanti e ballerini vengono scritturati non per la singola opera ma per l’intera stagione; determinanti per il successo dello spettacolo, costituiscono anche il capitolo di spesa più gravoso per gli organizzatori. Tra le “prime donne” che si esibiscono al Regio, celebri per i capricci almeno quanto per le qualità vocali, si ricordano Lucrezia Agujari, Caterina Gabrielli e Brigida Giorgi Banti.

Il Regio è inoltre testimone dell’ultima fase dell’epoca d’oro dei castrati: vi cantano Giovanni Carestini detto “il Cusanino”, Gioacchino Conti detto “il Gizziello”, Gaetano Majorana detto “il Caffarelli”, Gaetano Guadagni; Luigi Marchesi, qui ritratto nell’Achille in Sciro (1785) scritto per lui da Gaetano Pugnani, è ingaggiato dal Regio per tre stagioni e viene nominato “primo virtuoso di cappella e camera” del re di Sardegna.

Se nel mondo del canto i nomi sono tutti italiani, per la danza è forte l’influenza francese: alla corte torinese giungono numerosi coreografi, maestri di danza e ballerini d’oltralpe, tra cui François Sauveterre, Jean Dauberval e Sébastien Gallet, ma non mancano celebri coreografi italiani, come Gasparo Angiolini. Grandi musicisti si esibiscono in Teatro, come Giovanni Paisiello, che riscosse molti successi soprattutto nel genere buffo, e Gaetano Pugnani, nominato primo violino del Teatro e della Cappella Regia nel 1770.


1790-1814

Manfiesto della Fête de la St. Napoleon, 1813 Par ordre de S.A.I. le Prince Camilleur, Dimanche 15 Août Théâtre Imperial Entrée gratis TurinIn seguito a cinque anni di chiusura (1792/1797) il Regio cambia nome più volte, rispecchiando gli eventi storici: nel 1798 diviene Teatro Nazionale, nel 1801 Grand Théâtre des Arts e nel 1804 Théâtre Impérial.

Nel clima moralizzatore degli anni repubblicani è abolito il gioco d’azzardo e viene proibito l’ingaggio dei castrati (che torneranno in epoca imperiale). In repertorio continuano a esserci opere italiane, con libretti rimaneggiati più o meno superficialmente in senso giacobino. Napoleone presenzia agli spettacoli in tre occasioni e giungono a Torino interpreti di prima grandezza, come il soprano Isabella Colbran, il tenore Nicola Tacchinardi e il coreografo Salvatore Viganò.

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2.1 Gli impresari privati

Giacomo Pregliasco, Abito di Ariodante e di Ginevra per l’Ariodante o Ginevra di Scozia di Giuseppe Mosca, Stagione 1801-1802Nel periodo francese la gestione del teatro passa dalla Società dei Cavalieri alla municipalità, con un avvicendamento di impresari privati, che spesso si ritirano in seguito a insuccessi finanziari.

Tra il 1801 e il 1803 la gestione passa a Giacomo Pregliasco, oggi ricordato soprattutto come autore di splendidi costumi non solo per il Regio di Torino, ma anche per la Scala di Milano e il San Carlo di Napoli.

Nella sua attività di impresario, Pregliasco tenta di ampliare il periodo di apertura del Teatro e di accogliervi anche opere giocose, ma si tratta di un breve esperimento e l’antica distinzione dei generi viene ben presto recuperata.


2.2 Il Théâtre Impérial

Manfiesto della Fête de la St. Napoleon, 1813 Par ordre de S.A.I. le Prince Camilleur, Dimanche 15 Août Théâtre Imperial Entrée gratis TurinNel 1804 il Teatro diviene Théâtre Impérial: il palco reale, abolito negli anni repubblicani, viene ripristinato e Napoleone pretende che sia riservato a lui solo e resti chiuso in sua assenza. Nel dicembre 1807 per l’arrivo a Torino dell’imperatore vengono presentate la cantata L’incoronazione e l’allegoria Le retour de la Grande Armée.

Oltre agli spettacoli della stagione, il Teatro è sede delle feste per le visite dell’imperatore e dei principi regnanti, Camillo e Paolina Borghese; la sorella dell’imperatore soggiorna a Torino soltanto pochi mesi nel 1808, ma dal 1809 al 1814 il suo onomastico viene celebrato al Teatro Imperiale con l’allestimento di cantate encomiastiche, sorta di tableaux vivants di soggetto mitologico pastorale.


2.3 Isabella Colbran

Anonimo, Ritratto di Isabella ColbranIn questi anni il Teatro Regio ospita la spagnola Isabella Colbran, tra le maggiori interpreti del primo Ottocento, celebre oltre che per la voce per la bellezza e le qualità di attrice in opere quali Nitteti di Stefano Pavesi, I riti d’Efeso e Lauso e Lidia di Giuseppe Farinelli, Castore e Polluce di Vincenzo Federici e Gerusalemme distrutta, azione sacra di František Dušek.


2.4 Le scene di Maurizio Sevesi

FabrizioSevesi, Camera del molinaro, bozzetto per il ballo Il Pescatore e il molinaro di Andrea Giannini, stagione 1807-08Fabrizio Sevesi, nipote e allievo dei Galliari, insieme a Luigi Vacca firma le scene del Regio dal 1800 al 1837, seguendo le variazioni del gusto dal neoclassico al romantico e adattandosi ai mutamenti politici.

Non sono rari i casi di apparati scenici riutilizzati in occasioni diverse con alcune modifiche: per il compleanno di Maria Cristina, ad esempio, vengono riprese le scene per i festeggiamenti di Paolina Borghese, sostituendo le epigrafi inneggianti a Napoleone con gli stemmi di Borbone e Savoia.

1815-1870

Giostra corsa in Torino addì 21 di febbraio 1839 nel passaggio di Sua Altezza Imperiale e Reale Alessandro Gran-Duca Principe Imperiale Ereditario di Russia, TorinoCon la Restaurazione, il teatro rientra in possesso dei Savoia. All’epoca di Carlo Felice, grande appassionato di musica, calcano le scene del Regio virtuosi come Giuditta Pasta e Domenico Donzelli, ma nell’Ottocento Torino perde importanza rispetto a Milano, Napoli e Venezia.

Sotto Carlo Alberto la sala riceve un’impronta neoclassica (sottolineata dai lavori di rifacimento affidati a Ernesto Melano e Pelagio Palagi). Alla metà del secolo vengono introdotte alcune novità nella programmazione: si passa alla stagione di Carnevale-Quaresima, articolata in cinque o più opere, ora prevalentemente di repertorio (e non più scritte appositamente per il Teatro). Inoltre a partire dal Barbiere di Siviglia rossiniano (1855), il Regio si apre all’opera buffa.

Un nuovo restauro, realizzato da Angelo Moja nel 1861, cancella le modifiche palagiane conferendo alla sala una veste “neobarocca”.

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3.1 Architetture neoclassiche

Giostra corsa in Torino addì 21 di febbraio 1839 nel passaggio di Sua Altezza Imperiale e Reale Alessandro Gran-Duca Principe Imperiale Ereditario di Russia, TorinoIl programma di rinnovamento architettonico con cui Carlo Alberto intende dare una propria impronta alla capitale sabauda non può ignorare il Teatro della corona: la ristrutturazione della sala è affidata all’architetto Ernesto Melano e al pittore bolognese Pelagio Palagi, attivo anche nei cantieri di Palazzo Reale, della Biblioteca Reale e del Castello di Racconigi.

Come si può vedere nell’immagine realizzata in occasione della visita del granduca Alessandro di Russia (1839), il Teatro acquista un’austera impronta neoclassica, con l’eliminazione delle curve barocche e l’adozione di colonne corinzie.


3.2 Giuditta Pasta e Adelina Patti

Gariboldi, Ritratto di Adelina PattiGiuditta Pasta, una delle più celebri cantanti del primo Ottocento, debutta nel 1815 a Milano e presto si afferma nelle altre città italiane, a Parigi e Londra. Adorata da Stendhal, è protagonista delle “prime” di Sonnambula, Norma e Beatrice di Tenda di Bellini e di Anna Bolena di Donizetti. Dopo l’esordio al Teatro Carignano nel 1820, ritorna a Torino per la stagione 1821-22 del Regio, dove interpreta I riti d’Efeso di Giuseppe Farinelli e Edoardo e Cristina di Rossini riscuotendo un enorme successo.

Nella seconda metà dell’Ottocento, in seguito all’ampliamento dei cartelloni teatrali, i cantanti non vengono più scritturati per l’intera stagione ma per le singole opere.

Nel 1865 il pubblico del Regio ha occasione di ascoltare Adelina Patti, la diva per antonomasia del mondo della lirica, in quattro recite fuori stagione di Sonnambula di Bellini e del Barbiere di Siviglia di Rossini; tornerà poi a Torino nel 1879 per Traviata. Così Verdi l’aveva apprezzata due anni prima: «voce meravigliosa, stile di canto purissimo; attrice stupenda con uno charme ed un naturale che nessuno ha».


3.3 Polledro e Mercadante

Ritratto di Giovanni Battista PolledroSotto Carlo Felice viene riorganizzata la Cappella Regia, che fornisce la maggior parte degli strumentisti dell’orchestra del Teatro; a primo violino viene nominato Giovanni Battista Polledro (1823). Allievo di Pugnani e celebre virtuoso, Polledro aveva già ricoperto analoga carica a Dresda.

A Torino Polledro migliora il livello dell’orchestra e fa conoscere le grandi composizioni di musica strumentale degli autori del classicismo viennese acquistando per la Cappella Regia numerose partiture da editori di area tedesca.

Negli stessi anni Saverio Mercadante, formatosi a Napoli, dà inizio alla sua carriera internazionale con il successo di Elisa e Claudio, presentata nel 1821 a Milano. È l’unico dei maggiori compositori del tempo ad avere un rapporto privilegiato con il Regio di Torino, dove presenta in “prima” assoluta Didone abbandonata (1823), Nitocri (1824), Ezio (1827), I Normanni a Parigi (1832), Francesca Donato, ossia Corinto distrutta (1835), Il reggente (1843) e altre sei opere già allestite in altri teatri.


3.4 Il balletto romantico

Anonimo, Ritratto di Maria TaglioniNegli anni Trenta e Quaranta dell’Ottocento il Regio ospita i principali esponenti del balletto romantico: Fanny Cerrito esordisce al Regio nella stagione 1835-36 e vi fa ritorno a distanza di dieci anni, dopo i grandi successi nelle principali capitali europee; Natalie Fitz-James e Arthur Saint-Léon danzano insieme nella “prima” italiana di Giselle (1842); nel gennaio 1845 il pubblico torinese può applaudire la “divina” Maria Taglioni, creatrice de La Sylphide e simbolo della ballerina romantica, che interpreta L’allieva d’Amore, balletto presentato con la Norma di Bellini.

L’attenzione per la danza è testimoniata anche dalla ristrutturazione della scuola di ballo operata da Carlo Alberto nel 1846: grazie al nuovo impegno della corona la scuola si conferma come una delle più prestigiose d’Italia, a fianco di quelle di Milano e Napoli.


1870-1936

Programma illustrato del decimottavo Concerto Popolare sotto la direzione del Maestro Cavalier Carlo Pedrotti, Teatro Vittorio Emanuele, 1876Nel 1870 la proprietà del Regio passa al Comune di Torino; in questi anni la storia del Teatro si intreccia con quella dell’Orchestra Civica e dei Concerti Popolari ideati da Carlo Pedrotti, il quale apporta forti innovazioni nel repertorio introducendo nella programmazione la musica di Wagner e Massenet. Nel nome di Wagner è pure l’esordio in Teatro di Arturo Toscanini, che collabora con l’Orchestra dal 1895 al 1898 e che il 26 dicembre 1905, dopo i lavori di ristrutturazione guidati da Ferdinando Cocito, inaugura la nuova sala con il Sigfrido.

Altri autori significativi nella storia del Regio sono Giacomo Puccini, che tiene a battesimo a Torino Manon Lescaut (1893) e La bohéme (1896), e Richard Strauss, che nel 1906 dirige Salome in “prima” italiana. L’ultima grande “prima” ospitata dal Regio antico è Francesca da Rimini di Riccardo Zandonai, su libretto di Gabriele D’Annunzio (1914). Dopo la chiusura nel periodo bellico, il Teatro si dedica a opere di repertorio.

Nella notte tra l’8 e il 9 febbraio 1936 il Teatro viene distrutto da un violento incendio: saranno necessari quasi quarant’anni per la sua ricostruzione.

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4.1 Pedrotti e i Concerti Popolari

Programma illustrato del decimottavo Concerto Popolare sotto la direzione del Maestro Cavalier Carlo Pedrotti, Teatro Vittorio Emanuele, 1876Carlo Pedrotti, assumendo nel 1868 la carica di maestro concertatore e direttore dell’orchestra del Regio, dà un notevole impulso all’attività concertistica fondando i Concerti Popolari, la prima istituzione concertistica pubblica d’Italia.

Pur svolgendosi al Teatro Vittorio Emanuele, dove oggi sorge l’Auditorium Rai “Arturo Toscanini”, al di fuori della stagione operistica, i Concerti Popolari appartengono alla storia del Regio proprio perché hanno per protagonista l’Orchestra del Teatro.

I sessantaquattro concerti tenuti tra il 1872 e il 1886 offrono al pubblico torinese un panorama del repertorio sinfonico classico, romantico e contemporaneo, creando un nuovo interesse per la musica strumentale, ancora poco coltivata in Italia.


4.2 Torino wagneriana

Copertina del libretto del Crepuscolo degli Dei - L’Anello del Nibelungo di Richard WagnerUna delle grandi novità introdotte da Pedrotti è la musica di Wagner, che anche in Italia suscita appassionati dibattiti nei salotti e negli ambienti letterari. Pedrotti dirige alcuni brani del Lohengrin nell’ambito dei Concerti Popolari nel 1872 e cinque anni dopo, con il sostegno dell’impresario Giovanni Depanis, propone l’intera opera al Regio in traduzione italiana con la messinscena di Richard Fricke, collaboratore di Wagner a Bayreuth.

Dopo l’opera giovanile Rienzi (1882), nel 1883 viene presentata l’intera Tetralogia in lingua originale allestita dalla compagnia di Angelo Neumann, titolare dell’esclusiva per una tournée europea. In seguito Torino contende a Bologna il titolo di “città wagneriana” d’Italia, presentando tra l’altro Lohengrin con Roberto Stagno (1885) e Tannhäuser con Giovanni Battista De Negri (1888), e poi ancora, “prima” in Italia in italiano, La Walkiria (1891) e Il crepuscolo degli dei (1895) diretto da Toscanini.

Negli anni della gestione di Depanis (1877-1881) il Regio riacquista una posizione di primo piano nel panorama italiano: pur senza trascurare opere di repertorio di Donizetti e Verdi, i cartelloni del teatro presentano in “prima” italiana opere di compositori ancora poco noti nel nostro Paese.


4.3 Il “ballo grande”

Copertina del libretto di Excelsior, azione coreografica, storica, allegorica, fantastica in 6 parti e 11 quadri di Luigi Manzotti su musica di Romualdo Marenco, 1881-82Negli anni Settanta e Ottanta la danza al Regio vede un’ultima fase di splendore prima della crisi che porterà alla chiusura della scuola di ballo nel 1890. È il momento del “ballo grande”, caratterizzato da grandi masse di ballerini e da imponenti apparati scenici; le ambientazioni spaziano dalla mitologia germanica d’influenza wagneriana in Sieba, o La spada di Wodan (1878) alle ricostruzioni storiche di Cristoforo Colombo (1893).

Nel 1882 trionfa anche a Torino, dopo il successo alla Scala, Excelsior, firmato dal coreografo Luigi Manzotti e dal compositore Romualdo Marenco, monumentale allegoria della vittoria della Civiltà e della Luce sull’oscurantismo.


4.4 Alfredo Catalani

Copertina del libretto di Loreley, azione romantica in tre atti di Carlo d’Ormeville e A. Zanardini su musica di Alfredo Catalani, 1889-90Alfredo Catalani ha con Torino un rapporto di elezione: al Regio ottiene un significativo successo con la “prima” di Elda (1880), ripresentata poi in forma rielaborata con il titolo Loreley (1890); Dejanice, a un anno dalla “prima” alla Scala, viene allestita nell’ambito delle manifestazioni per l’Esposizione Generale Italiana del 1884, con la direzione di Franco Faccio e Gemma Bellincioni nel ruolo di Argelia.

La Wally, infine, venne rappresentata a Torino nel 1894 con almeno un anno di ritardo rispetto ai desideri del compositore, nel frattempo prematuramente scomparso, a causa della forte influenza di Casa Ricordi, che condizionava le scelte artistiche dei teatri e aveva dato la precedenza alla Manon Lescaut di Puccini.


4.5 Arturo Toscanini

Ritratto di Arturo Toscanini in età giovanileA nove anni dall’esordio torinese al Teatro Carignano nel 1886 con Edmea di Catalani, Toscanini debutta al Regio inaugurando la stagione 1895-96 con la prima italiana del Crepuscolo degli dei (in versione tradotta).

A partire da quel momento, il contributo di Toscanini all’affermazione della musica wagneriana a Torino e in Italia è fondamentale: al Crepuscolo seguiranno Tristano (1897), La Walkiria (1898) e Sigfrido (1905). Il grande successo di critica e di pubblico segna inoltre l’inizio di un forte e proficuo Giacomo Grosso, Ritratto di Arturo Toscaninilegame con l’Orchestra Municipale, da lui diretta fino all’aprile 1898. Questa collaborazione ha come tappe significative la serie di 43 concerti per l’Esposizione Generale Italiana di Torino del 1898 e i cinque concerti in occasione dell’Esposizione Internazionale del 1911.

Al Regio Toscanini si oppone allo strapotere degli interpreti, imponendo loro il rispetto delle partiture, e cerca di spostare l’interesse del pubblico dall’esibizione del cantante-divo alla totalità dello spettacolo, in cui canto, esecuzione strumentale e allestimento scenico vengono coordinati dal direttore.


4.6 Giacomo Puccini

Costumi per La bohème riprodotti da Caramba ne La Luna, n. 6, 1896La bohème, andata in scena il 1° febbraio 1896, è la terza opera di Puccini presentata in “prima” assoluta al Regio, dopo Le Villi (rifacimento di Le Willis, 1884) e Manon Lescaut (1893).

Sul podio dell’orchestra è Arturo Toscanini, che dirigerà anche Madama Butterfly nel 1906. Se Manon riscuote un immediato successo di pubblico e di critica, La bohème inizialmente non raccoglie consensi unanimi: mentre la stampa milanese loda il compositore, i periodici torinesi e in particolare la «Rivista musicale italiana», sostenitrice della musica wagneriana, esprimono giudizi sfavorevoli. Il pubblico in sala, però, applaude a lungo l’autore, il direttore d’orchestra e gli interpreti, tra cui il soprano torinese Cesira Ferrani nel ruolo di Mimì.


4.7 La ristrutturazione

Vista della sala del palcoscenicoDal 1901 al 1905 il Teatro Regio viene chiuso dalla commissione di vigilanza per le condizioni precarie dell’edificio. A lungo si dibatte sull’ipotesi di costruire un nuovo teatro, ma infine viene dato inizio ai lavori di ristrutturazione, affidati a Ferdinando Cocito e per le parti decorative a Giorgio Ceragioli.

Nella sala rinnovata gli ultimi due ordini di palchi vengono sostituiti da tre gallerie, la capienza complessiva viene così portata a circa 3.000 posti e il Teatro assume una veste più “popolare”: non più ritrovo aristocratico ma specchio dei cambiamenti sociali avvenuti non solo in città.


4.8 L’incendio

Fotografie dell’incendio (8 febbraio 1936)Nella fredda notte fra l’8 e il 9 febbraio 1936, mentre è in cartellone Liolà di Mulè, nei sotterranei del palcoscenico, costituiti da travi e impalcature in legno percorsi da miriadi di cavi elettrici, si sviluppa l’incendio che distrugge il Teatro, sorto quasi duecento anni prima.

Il propagarsi del fuoco è «improvviso e violentissimo», cosicché le fiamme raggiungono ben presto anche la sala, nonostante l’immediato intervento dei Vigili del Fuoco e dei soldati del Genio Militare. Alle due di notte migliaia di torinesi accorrono in piazza Castello, impotenti davanti al rogo del “loro” Teatro.


1936-1973

Il Sovrintendente Alberto Bruno Tedeschi illustra il plastico del nuovo edificio secondo il progetto degli architetti Aldo Morbelli e Robaldo Morozzo della RoccaDopo l’incendio del 1936, si pone il problema di stabilire a chi affidare il progetto di ricostruzione del Teatro. Il bando di concorso, pubblicato nel 1937, viene vinto dagli architetti Aldo Morbelli e Robaldo Morozzo della Rocca.

Il loro progetto, tuttavia, non si sarebbe mai concretizzato: nel 1965, infatti, l’amministrazione civica promuove una nuova soluzione con l’affidamento dell’incarico all’architetto Carlo Mollino e all’ingegner Marcello Zavelani Rossi. I lavori hanno inizio nel settembre 1967 per concludersi nei primissimi mesi del 1973.

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5.1 Il bando di concorso

Il Sovrintendente Alberto Bruno Tedeschi illustra il plastico del nuovo edificio secondo il progetto degli architetti Aldo Morbelli e Robaldo Morozzo della RoccaIl bando di concorso per l’assegnazione del progetto di ricostruzione di un nuovo teatro viene tempestivamente pubblicato il 3 febbraio 1937. La commissione giudicatrice del concorso dichiara vincitori gli architetti Aldo Morbelli e Robaldo Morozzo della Rocca.

Tale progetto, tuttavia, non conosce grande fortuna: trascinatosi fino allo scoppio della guerra, ripreso successivamente con notevoli varianti, abortisce definitivamente – anche a causa della recessione economica che impone una drastica riduzione delle spese – nonostante fosse già avvenuta la posa della prima pietra il 25 settembre 1963.


5.2 Il genio molliniano

Carlo MollinoSolo due anni dopo, il 25 marzo 1965, l’amministrazione civica promuove una nuova soluzione, affidando l’incarico all’architetto Carlo Mollino, professore di composizione architettonica presso il Politecnico di Torino, già artefice dell’Auditorium della Rai e dell’edificio della Camera di Commercio Industria e Artigianato, e all’ingegner Marcello Zavelani Rossi. I lavori hanno inizio nel settembre 1967.

«Dopo aver concordemente concertato il complesso dell’edificio nelle sue linee generali, lo Studio Mollino si dedicò al settore destinato al pubblico, cioè sala, atrio, ridotti e all’architettura in generale, mentre lo Studio Zavelani produsse gli elaborati concernenti il settore scenotecnico nella sua completa accezione, e cioè nelle componenti distributive, edilizie, meccaniche e funzionali di tutti i relativi servizi».

In queste parole, dello stesso Carlo Mollino, le modalità della gestazione e della realizzazione dell’opera, che viene progettata con criteri assolutamente moderni essendo prevalsa, dopo lungo e acceso dibattito, la corrente di pensiero che riteneva necessario affrontare il problema della ricostruzione non sulla base dei precedenti modelli ma dei nuovi orientamenti architettonici e urbanistici.

I problemi che Mollino deve affrontare sono molteplici, soprattutto legati al fatto che il nuovo Teatro non soltanto andava inserito in un contesto urbanistico preesistente di notevole rilevanza storico-architettonica, ma addirittura era necessario integrarlo con la sopravvissuta austera facciata dell’Alfieri.

Un artista come Mollino non poteva pensare di operare in senso esclusivamente conservativo o comunque vincolato a canoni estetici e architettonici strettamente filologici. La sua straordinaria personalità lo indusse quindi a dar sfogo alla fantasia suggerendo l’antica progenitura barocca attraverso un uso originale quanto geniale delle linee curve e delle sinuosità. La costante stilistica che caratterizza più di ogni altra la fisionomia esterna ed interna di ogni parte del nuovo Teatro Regio – di cui Mollino disegnò peraltro ogni minimo dettaglio, dai pomelli delle maniglie alle luci, dalle scale alle strutture in cemento armato – è appunto la linea curva.Schizzo della sala del Regio realizzato da Carlo Mollino

La struttura esterna del Teatro è caratterizzata dall’uso di materiali che bene si integrano con gli edifici circostanti: oltre al laterizio, al cemento bugnato e alla pietra di luserna che riveste in parte anche la torre di scena, due grandi vetrate alleggeriscono i “fianchi” perimetrali, dando la possibilità di godere dai foyer della vista della elegante facciata juvarriana dell’Archivio di Stato (situata nell’odierna Piazzetta Mollino) e creando un suggestivo scambio di vedute tra interno ed esterno.

Carlo Mollino non poté godere di quella che può essere a ragione considerata la sintesi totale della sua esperienza: morì infatti pochi mesi dopo aver visto in funzione il suo testamento artistico-professionale.


5.3 Architettura e tecnologia

Il Teatro Regio nella cornice del  centro storico di TorinoLa copertura del Teatro, a guscio paraboloide iperbolico, realizzata dall’ingegner Felice Bertone, fa ormai parte della skyline del panorama torinese, come la Mole Antonelliana o il grattacielo di piazza Castello inaugurato nel 1936 (nel cui cantiere tra l’altro il giovane Mollino (fece l’apprendistato).

Il Teatro si sviluppa su 8 piani, di cui 4 sotterranei e altrettanti fuori terra, da una profondità di –12,50m ad un’altezza massima di +32m. Nell’ala dell’Alfieri, verso piazza Castello, hanno sede gli uffici mentre la struttura moderna ospita, oltre ai foyer, alla sala, alla platea e al palcoscenico, tutti i servizi tecnici del Teatro, comprendenti, fra l’altro, due moderne sale prova per il coro e l’orchestra, una grande sala regia, la sala ballo, il laboratorio di sartoria e la mensa, oltre a un altro teatro, il Piccolo Regio “Giacomo Puccini”, con una capienza di 380 posti.

I laboratori tecnici (scenografia, falegnameria, carpenteria e attrezzeria), un tempo ospitati nel cuore sotterraneo dell’edificio, sono ora situati in sede decentrata.
L’avanzata tecnologia delle strutture, continuamente aggiornata per far fronte ad esigenze legate all’incremento della produzione, pongono il Teatro Regio all’avanguardia in campo internazionale: il palcoscenico, tra i più grandi e meccanizzati d’Europa, consente di ospitarvi allestimenti di notevole complessità, anche più d’uno contemporaneamente.


5.4 Gli ambienti

La sala del Teatro RegioVista dall’alto, la pianta del Teatro ricorda i fianchi di una donna, mentre la platea sembra una conchiglia semiaperta. La sala, a pianta ellissoidale, contiene 1398 poltrone ed è movimentata da un ordine di 31 palchi che possono ospitare fino a 194 persone. È illuminata da un grande lampadario composto di 1762 sottilissimi tubi in alluminio con punto luce e 1900 steli in perspex riflettente, a creare un suggestivo effetto “stalattite”. Il boccascena originale è chiaramente ispirato alla forma di un televisore.

I foyer sono rivestiti di velluto e moquette vermigli, adornati da specchi e rifiniti con materiali di pregio tra cui l’ottone e il marmo, incoronati da nudo cemento armato che ostenta l’originalità e la modernità delle strutture portanti. Due scale mobili simmetriche, poste con grande risalto sulle vetrate della Galleria Tamagno, rivestono una straordinaria efficacia scenografica. Tale lusso nell’utilizzo dei materiali e nella grandiosità dei foyer, ricercato e dichiarato, è stato giustificato dallo stesso Mollino con l’esigenza di dotare Torino di un luogo d’incontro di assoluto prestigio, ove festeggiare con dovuto risalto i grandi eventi della vita cittadina.


1973-2000

La cancellata bronzea del Teatro Regio, scultura di Umberto Mastroianni (particolare)Il nuovo Teatro Regio viene inaugurato il 10 aprile 1973 con l’opera di Giuseppe Verdi I Vespri siciliani, per la regia di Maria Callas e Giuseppe Di Stefano. Da quella data l’attività produttiva si è progressivamente incrementata, fino alle ricorrenze che hanno segnato la storia degli ultimi anni del Regio: nel 1990 il 250° anniversario dalla sua fondazione, nel 1996 il centenario dalla “prima” assoluta della Bohème in diretta tv, nel 1998 i 25 anni del nuovo teatro. Inoltre nel 1996 la sala è stata sottoposta a un importante restauro acustico.

Approfondisci il periodo 1973-2000

6.1 L’inaugurazione

Giuseppe Erba (Sovrintendente), Serge Lifar (coreografo), Maria Callas e Giuseppe Di Stefano (registi) e Aligi Sassu (scenografo) insieme per l’inaugurazione del nuovo RegioIl nuovo Teatro Regio viene inaugurato il 10 aprile 1973 con l’opera di Giuseppe Verdi I vespri siciliani, nella prima e unica regia di Maria Callas e Giuseppe Di Stefano. La direzione d’orchestra è affidata a Fulvio Vernizzi, le scene e i costumi portano la firma del noto pittore e scultore Aligi Sassu, mentre la coreografia è firmata dal grande Serge Lifar.


6.2 Odissea musicale

La cancellata bronzea del Teatro Regio, scultura di Umberto Mastroianni (particolare)Dopo aver celebrato nel 1990 il 250° anniversario della fondazione con una grande mostra corredata da un poderoso catalogo, il Teatro Regio viene impreziosito da un nuovo “sipario” esterno, la cancellata bronzea Odissea musicale, opera del celebre artista scultore Umberto Mastroianni che a Torino si formò culturalmente insieme al grande amico Carlo Mollino e visse le sue prime importanti esperienze artistiche accanto a Felice Casorati, Massimo Mila, Ettore Sottsass e Guido Seborga.


6.3 Centenario della Bohème

Copertina del programma di sala della Bohème del centenarioIl 1° febbraio 1996 ricorre il centesimo anniversario della Bohème di Giacomo Puccini, di cui proprio il Regio ebbe l’onore di ospitare la prima rappresentazione assoluta diretta da Arturo Toscanini. Per l’occasione Mirella Freni e Luciano Pavarotti si incontrano sulle scene torinesi, sotto la bacchetta di Daniel Oren. Lo spettacolo, firmato da Giuseppe Patroni Griffi, viene trasmesso in diretta televisiva in prima serata su Rai Due, facendo registrare oltre tre milioni di telespettatori.

Nella stessa occasione in onore del compositore che ha visto nascere a Torino diverse sue opere, il Piccolo Regio è stato ribattezzato Piccolo Regio Giacomo Puccini.


6.4 Restauro acustico e anniversari del nuovo Regio

La sala del Teatro Regio durante i lavori di restauro acusticoNell’estate del 1996 la sala del Regio è sottoposta a un importante intervento di restauro, progettato dallo studio tedesco Müller BBM per la parte acustica e dallo studio Gabetti & Isola per il restyling architettonico.

L’intervento, reversibile in ogni parte, ha comportato il rivestimento in legno della sala, una leggera modifica dei muri perimetrali e del proscenio e l’installazione di un nuovo boccascena sovrapposto alla struttura molliniana che ha determinato un aumento del raccordo acustico tra golfo mistico e palcoscenico. Il risultato ottenuto è stato particolarmente apprezzato da Claudio Abbado che, nel maggio 1997, ha diretto i Berliner Philharmoniker nell’Otello verdiano per la regia di Ermanno Olmi. Anche in questa circostanza l’opera è stata trasmessa in diretta televisiva da Rai Due con un favorevole riscontro.L’esposizione realizzata per festeggiare il trentesimo anniversario dall’inaugurazione del nuovo Teatro Regio

Nel 1998 si è celebrato il 25° anniversario della nascita del nuovo Teatro Regio con "D’Opera", mostra di scenografie, attrezzerie, macchine e costumi allestita nei suggestivi spazi della Cavallerizza Reale e frequentata da oltre 70.000 visitatori. Gli scorci barocchi dell’antico quartiere militare torinese situato appena dietro piazza Castello hanno esaltato l’ambientazione quanto mai suggestiva.
 


Dal 2000 a oggi

Il manifesto della tournée in Giappone affisso al Bunka Kaikan di Tokyo

Il Regio, insieme a tutti i grandi teatri lirici italiani, nel 1998 diventa Fondazione, sviluppando un fecondo rapporto con le realtà economiche e industriali, che partecipano al finanziamento e alla gestione del Teatro. Per quasi vent’anni ne è Sovrintendente Walter Vergnano, che sviluppa la struttura del nuovo assetto. Nel 2006 la straordinaria avventura dei XX Giochi Olimpici Invernali e delle Olimpiadi della Cultura, che hanno visto il Teatro Regio protagonista con un numero incredibile di spettacoli sotto l’occhio del pubblico internazionale, sono stati il trampolino per il rilancio in tutto il mondo del Regio. L’offerta di spettacoli abbraccia un numero sempre più vasto di ambiti, e tra questi il musical; vengono chiamate le più grandi compagnie di balletto classico, come quelle del Bol’šoj e del Mariinskij, e nomi di punta della danza contemporanea, come Michail Baryšnikov. La qualità raggiunta da Orchestra e Coro del Regio pone il Teatro in condizioni di affrontare qualunque repertorio, dal preclassico al moderno con un carisma, una versatilità e una dinamicità tali da attirare l’interesse anche all’estero. Sul podio salgono direttori di fama internazionale come Semyon Bychkov, Daniel Oren, Pinchas Steinberg, Evelino Pidò, Valerij Gergiev, Cristopher Hogwood, Nicola Luisotti, Yutaka Sado, Jeffrey Tate e Gianandrea Noseda, che dal 2007 al 2018 ricopre il ruolo di Direttore musicale del Teatro Regio. Sotto la sua guida vengono realizzate produzioni di livello internazionale con registi come Davide Livermore, Stefano Poda e Andrej Konchalovskij, molte di queste testimoniate da edizioni discografiche in video e trasmesse in tv e cinema.
Parallelamente si affianca la significativa partecipazione, sin dall’origine, nel progetto europeo OperaVision.
Cominciano a fioccare inviti che portano gli ensemble del Regio in tournée nelle migliori sale di tutto il mondo, dall’Estremo e Medio Oriente all’America, oltre alle grandi capitali europee. 

Il Regio, attualmente guidato da Mathieu Jouvin, si colloca così come uno dei centri di produzione operistica più interessanti a livello globale, confortato dal lusinghiero giudizio di uno dei più grandi maestri di oggi, Riccardo Muti, presenza costante dell’ultimo triennio.
 


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