96 pagine
22 illustrazioni
29 tavole in b/n
Nuove vie per la danza russa dalle pendici degli Urali.
A colloquio con il Direttore del Balletto dell’Opera di Perm’
di Sergio Trombetta
Kenneth MacMillan, il romanziere ardito
di Elisa Guzzo Vaccarino
Una musica in bilico tra lirismo,
slancio melodico e violenza
di Gianfranco Vinay
Un ritratto
di Alberto Bosco
Argomento - Argument - Synopsis - Handlung
Struttura del balletto e organico strumentale
a cura di Enrico M. Ferrando
Nuove vie per la danza russa dalle pendici degli Urali.
A colloquio con il Direttore del Balletto dell’Opera di Perm’
di Sergio Trombetta
Se capitate a Perm’, metropoli importante ai piedi degli Urali con oltre un milione di abitanti, non potete esimervi dal visitare in via Sibirskaja il museo dedicato a Djagilev. Sì, proprio lui, Sergej Pavlovič Djagilev, il creatore dei Ballets Russes, l’uomo che plasmò la fama di Nižinskij e in una ventina di anni, all’inizio del Novecento, da Pietroburgo a Parigi, rivoluzionò il concetto di danza e le aprì le porte della modernità. Perché proprio lui? Era nato nel 1872 a Selišči, nell’allora governatorato di Novgorod, in una famiglia aristocratica che presto si era trasferita a Perm’ (si racconta per sfuggire ai debitori che assillavano il padre), in un’agiata abitazione dove Djagilev rimase sino al 1890...
Kenneth MacMillan, il romanziere ardito
di Elisa Guzzo Vaccarino
Curioso destino quello di sir Kenneth MacMillan, genio controverso della coreografia inglese. Definito come un outsider, in termini elogiativi ovviamente, spicca in effetti per via della sua unicità e originalità nel panorama britannico, che ha storia e caratteristiche peculiari.
Se la scuola di balletto francese risale all’epoca del Re Sole e quella russa al tempo degli Zar, il balletto inglese è molto più giovane, essendo nato nel Novecento, quando i Ballets Russes di Djagilev spargevano in Occidente il patrimonio di meraviglie della tradizione pietroburghese, la città - casa madre del balletto di repertorio, e gli incanti delle innovazioni d’avanguardia; con musicisti, scenografi e coreografi disposti al rischio di misurarsi con estetiche e narrazioni inedite...
Una musica in bilico tra lirismo, slancio melodico e violenza
di Gianfranco Vinay
Le folle anelano alla grande musica,
la musica di grandi eventi, di grandi
amori, di vivide danze.
[Djagilev] apprezzava il talento di Prokof ’ev, ma le sue idee l’interessavano ben poco. En fait, Prokof ’ev était terriblement rétrograde 1. Ho amato il suo balletto Il figliuol prodigo. È una storia biblica, ma la musica era piuttosto moderna, e io feci ciò che mi sembrava più adatto. Djagilev apprezzò molto le mie idee; non cessava di ripetere “splendido, splendido”. Quando però Prokof ’ev si recò a una prova, si mise a gridare che era orribile, che disapprovava totalmente ciò che aveva visto. In effetti, Prokof ’ev non capiva nulla di danza. Non gliene importava nulla della coreografia. Il modo in cui era messo in scena il suo balletto in realtà non l’interessava punto; per lui era tutto uguale. Ma quando compose Il figliuol prodigo, decise che certe scene dovevano essere realiste, che ci volevano degli uomini barbuti che, messisi a sedere, dovevano bere vino vero in boccali veri, e che i ballerini dovevano esser vestiti secondo la “realtà storica”. In una parola, Prokof ’ev aveva immaginato che Il figliuol prodigo fosse qualcosa di simile a Rigoletto. E, ben inteso, fu orripilato della messa in scena. Prokof ’ev detestava ciò che avevo fatto della sua musica. Djagilev si mise a urlare a Prokof ’ev che non capiva un’acca di balletto, e che era un perfetto idiota. E Prokof ’ev dovette star zitto, perché era Djagilev che decideva 2.
È Balanchine che scrive, autore della coreografia del Figliuol prodigo, non solo ultima collaborazione di Prokof ’ev per i Ballets Russes, ma ultimo balletto prodotto dalla compagnia prima della scomparsa di Djagilev...
Un ritratto
di Alberto Bosco
Chi si chiedesse come mai un compositore cosmopolita e di successo come Sergej Prokof ’ev abbia deciso a un certo momento di interrompere il suo dorato esilio per ritornare nell’Unione Sovietica governata da Stalin, si sentirebbe rispondere qualcosa di questo tipo: negli anni Trenta, in Europa, il compositore russo numero uno era Stravinskij, in America Rachmaninov; siccome a Prokof ’ev non andava di essere il numero due, scelse di ritornare in patria. Alcuni aggiungono malignamente
che pure lì finì per essere secondo dietro a un altro numero uno, Šostakovič, ma è vero che, almeno nei primi anni della sua nuova vita nella russia sovietica, egli poté sentirsi libero e valorizzato come il massimo compositore operante in quel Paese. E per un narcisista come Prokof ’ev questo non era certo un aspetto secondario...
Argomento - Argument - Synopsis - Handlung
Struttura dell’opera e organico strumentale
a cura di Enrico M. Ferrando
Con Romeo e Giulietta Prokof ’ev, in conformità con i dettami del realismo socialista, abbraccia senza riserve il genere del balletto narrativo. La struttura musicale del lavoro è dunque subordinata a quella della trama, che a sua volta ricalca fedelmente il dramma di Shakespeare. Così, nella ricerca della massima trasparenza, Prokof ’ev organizza il lavoro in una successione di pezzi autonomi dalla forte caratterizzazione tematica: i titoli premessi in partitura a ciascun numero rendono manifesta la corrispondenza tra contenuto musicale e nesso drammatico...